Music
August 28, 2011
Le molte facce della musica contemporanea
Text Emanuele Zottino
Photography Luca Meneghel
“Molti dicono: ‘Non mi piace parlare della mia musica, lascio parlare lei’”. A dirlo è Manuela Kerer, a cui invece parlare della musica, non solo della sua, piace molto e si vede. A conversare con la giovane compositrice brissinese non si sta su freddi discorsi, non c’è pericolo di vuoti, anzi si chiacchiera e il tempo scorre veloce, si toccano tanti temi, uno dietro l’altro. Si discute dei suoi pezzi, di come nascono e delle avventure che nascondono, del suo rapporto col pubblico e coi musicisti, e di quello tra la musica contemporanea e i bambini, si parla di com’è, nel ventunesimo secolo, essere allo stesso tempo giovani, donne e compositrici, e si discorre in generale di musica, di rapporti umani, del vivere tra una città e l’altra.
Giusto degli accenni. I compositori più amati? Difficile perché troppi e troppo diversi, tra cui Ligeti, Bach, Beethoven, Ives, Bernstein, del quale ha anche eseguito come violinista un suo pezzo orchestrale a Merano. E anche Kagel e Cage. Prendendo spunto dal pezzo silenzioso di quest’ultimo, la Kerer ha concepito un brano in cui gli esecutori anziché emettere suoni producono dei candidi sorrisi, tutti scritti minuziosamente in partitura: il come sorridere, il quando e quanto a lungo. Carattere iperattivo: “faccio una cosa e contemporaneamente penso a molte altre”, e sempre in giro per mezza Europa, con base a Bressanone, dove vive con due sorelle e un fratello, ma anche molto ad Augsburg, e poi Innsbruck, Vienna e Berlino, con un futuro prossimo negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio. E in treno compone molto, per poi trascrivere le partiture al computer. Ha scritto anche musica sacra ma dice di credere “in qualcosa, non so ancora che cosa, ma aiuta ad affrontare meglio la vita”, un sentimento spirituale testimoniato dal suo lavoro Magnificum Caos. Ha studiato violino e pedagogia musicale, composizione, psicologia e legge, adora il cinema di Stanley Kubrick (anche per le musiche di Ligeti) e mastica bene il mezzo elettronico, presentandosi a volte col suo computer come strumento dell’organico. I suoi miti musicali femminili sono Clara Schumann e Sofija Gubajdulina, ama le montagne sudtirolesi, ha studiato pattinaggio artistico, le piace il sushi, preferisce il vino alla birra e apprezza il formaggio. “Un giorno scriverò un pezzo sul formaggio, basandomi su quel misterioso procedimento di misurazione della stagionatura per cui la forma viene battuta con un martelletto e dal tipo di tok si decide se il formaggio è pronto oppure no”.Perché Manuela Kerer non è proprio ortodossa come musicista, nel senso che non si riesce più di tanto a confrontarla con quei capoccioni intellettuali a cui siamo passivamente abituati. Certo anche lei, ci mancherebbe, ha il suo pensiero compositivo – e ci tiene che venga ben fuori –, ma l’impressione è quella di una trentunenne immersa nel suo mondo, che ama confrontarsi con le cose e con la gente, una persona non esclusiva ma anzi aperta, curiosa, disponibile.
E una curiosità su cui ci va di discutere è su come si faccia oggigiorno a guadagnarsi da vivere con la composizione. Difficile oggi – ma forse è sempre stato così – pensare solo all’arte musicale e lasciar perdere quello che potremmo definire lo sfruttamento economico della propria dote creativa. E la Kerer? Forse un po’ pigra e distratta come manager, ma sicuramente piena di entusiasmo quando si tratta di rilasciare interviste, di condurre programmi per radio – ne tiene uno ogni prima domenica del mese sulla musica contemporanea su Rai Sender Bozen –, di mostrarsi in pubblico come compositrice dopo l’esecuzione di un suo pezzo, di coordinare progetti didattici spesso di carattere sperimentale, di gestire i rapporti con gli enti finanziatori, di dialogare con i musicisti alle prese con una sua composizione. A proposito di questo, dice: “Non mi sembra di esser difficile come compositrice quando mi relaziono a chi deve suonare la mia musica; non ho mai creato problemi e anzi mi sono divertita nel rapportarmi sulle questioni esecutive dei miei lavori”. Così come dice della sua musica che può funzionare anche senza le cosiddette ’istruzioni per l’uso’. Certo, le informazioni sui pezzi, sulla loro genesi e sui contenuti, possono sicuramente aiutare e approfondire la fruizione da parte dell’ascoltatore, ma un pezzo musicale non dovrebbe non funzionare senza ’didascalie’. E qui si discute sul mitico John Cage, uno dei tanti compositori amati dalla Kerer. Su come lui sottolineasse che la sua musica non voleva dire un bel niente, dicendo in sostanza che il contenuto sta sempre nella musica e non può stare fuori da essa.Quindi una compositrice che ha voglia di comunicare con la sua musica, ma senza – e questo lo ribadisce ogni volta che ne ha l’occasione – fare compromessi, senza cercare di allinearsi al gusto medio e più diffuso. Anche coi bambini ha questo approccio. “I bambini, specie quelli più piccoli, si avvicinano alla musica in modo fantastico, senza pregiudizi, perché non sono ancora formati e sono molto liberi”. Da questa constatazione viene la voglia di progettare avventure musicali per l’infanzia che non ammorbidiscono, anzi quasi li potenziano, i difficili canoni della musica di oggi. Perché i “bamini vanno educati, non vanno sottovalutati. Se noi facciamo ascoltare a dei bambini la musica di Ligeti, può essere che la trovino molto più stimolante e curiosa di quella di Mozart!”. Solo due lavori a proposito del rapporto della Kerer con i bambini: la commissione a Monaco della sua opera Versprochen Frosch König Versprochen e il suo workshop ad Augsburg riservato ai più piccoli.Da qui è facile passare a un altro suo chiodo fisso, questa volta a livello strettamente poetico-compositivo: i neuroni. Il cervello, i neuroni con le loro autostrade su cui viaggiano di continuo, il loro accendersi e spegnersi. Spingendoci oltre si arriva a parlare di ’melodia del cervello’, una sorta di libera interpretazione in forma di note di come potrebbero essere le reazioni chimiche di un cervello. “Mi interessa molto cercare di studiare come può un neurone partire e da lì dar vita ad una reazione e aprire un mondo. E mi interessa cercare di tradurlo nel mio linguaggio musicale”. Tutto questo è suggestivo e ha ovviamente a che fare con gli studi in psicologia. Anche la forma, come quindi si articolano e si sviluppano questi motivi ’neuronali’, è per la compositrice brissinese un aspetto fondamentale della sua estetica. La forma, i minuti che determinano lo spazio entro il quale far vivere le cellule musicali, i vari climax che si dilatano e si restringono non fanno altro che prendersi i loro secondi all’interno del pezzo. Come il respiro di una medusa, come qualcosa di organico ma gestito in modo pignolamente scientifico.
Insomma, nel linguaggio della Kerer troviamo sperimentazione e modelli, comunicatività e impegno, immediatezza di pancia e riflessione razionale. E tra i generi musicali è il teatro al momento quello più stimolante. L’opera corta Politics andata in scena a Salisburgo, dai toni grotteschi e liberamente ispirata ad una sua visita al Parlamento italiano, ne è un esempio. Mentre la prossima commissione teatrale è prevista nel 2013 alla Kammeroper di Vienna con un libretto tratto da Terry Pratchet. “Noi tutti – dice – siamo multisensoriali e il teatro mi dà un conglomerato di sensazioni uniche!”Sulla commissione dell’Orchestra Haydn, la cui prima è prevista il 31 gennaio 2012 a Bolzano (e il giorno successivo a Trento), Manuela ci dice che è molto contenta di cimentarsi per la prima volta con un organico così grande, con una orchestra sinfonica al completo, e per questo è intenzionata a scrivere un pezzo dai forti connotati timbrici, sfruttando il più possibile le varie famiglie orchestrali e prevedendo un alto numero di parti singole, così da far risaltare le varie caratteristiche sonore di ciascuno strumento. “Sarò sicuramente presente alle prove e mi aspetto molto dalla Haydn, perché ho notato che sono musicisti molto aperti e anche curiosi, il che è una bellissima prerogativa per affrontare un pezzo di musica nuova”. Il pezzo di Manuela si intitolerà κύκλος tίς κρίσις, Ciclo della crisi.
Manuela Kerer, nata 1980 a Bressanone, ha studiato violino al conservatorio, giurisprudenza e psicologia all’Università di Innsbruck. Ha completato gli studi di composizione con il maestro Alessandro Solbiati a Milano. Ha ricevuto prestigiosi premi e borse di studio. Nel 2009, anno europeo della creatività e dell’innovazione é stata nominata Young creative talent. Ha realizzato composizioni, tra le altre, per i Klangspuren a Schwaz, per il Museo Ferdinandeum di Innsbruck, per l’11th International Festival for Contemporary Music al Moscow Forum. Ha scritto diversi brani musicali per bambini.
Foto: Luca Meneghel
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